Le quotazioni dell'oro si stanno rafforzando in conseguenza dell'indebolimento del dollaro, confermando ancora una volta il legame reciproco: il 9 maggio sulla piazza di Londra erano arrivate a 348,70 dollari per oncia, un livello ancora lontano dai 385 dollari degli inizi di febbraio ma con un significativo incremento rispetto ai 320 dollari registrati agli inizi di aprile. A sostenere ulteriormente le quotazioni sembra che vi siano acquisti speculativi di importanti fondi di investimento, relativamente scoperti. La Banca Centrale del Canada ha venduto nel mese di aprile parte delle sue riserve auree, che sono passate da 509.000 on-ce a 432.000 once; nel 1989 le riserve erano di 21 milioni di once. A fine aprile le quotazioni dell'oro sono risalite, dal minimo di 320 dollari per oncia nella settimana precedente a 335 dollari. Le ragioni della ripresa sono da ricercare nella debolezza del dollaro, nelle incertezze dei mercati finanziari, nella debolezza generale dell'economia mondiale, nell'impressione che i prezzi del petrolio possano essere sostenuti dai provvedimenti restrittivi della riduzione da parte dell'OPEC. I prezzi attuali sono ancora lontani dai 385 dollari per oncia registrati all'inizio di febbraio, ma sono sufficientemente alti per mostrare un rinvigorito interesse per i beni rifugio: significativamente i fondi di investimento hanno posto fine alle vendite e sono tornati all'acquisto. Da notare che la ripresa dell'oro ha influito in senso positivo sulle quotazioni del palladio, del platino e dell'argento. D'altro canto a 335 dollari l'oro non e tanto caro da scoraggiare gli acquisti per la gioielleria in India, dove la domanda si e ravvivata.
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