FEEDBACK: LA FIRENZE DI ADOLFO NATALINI

摘要

Caro Nicola Di Battista, mi chiedi una descrizione della mia Firenze. Non sono in grado di scrivere una guida dell'architettura moderna a Firenze, sia perché "architettura moderna" è un ossimoro, sia perché scarsissima. Non sono in grado neanche di descrivere un itinerario fiorentino: sono troppi i miei percorsi del cuore in questa città e troppo ambivalenti i miei sentimenti per Firenze. Ma non posso lasciare senza risposta la tua richiesta, così ne ho isolato uno tra i tanti. È il giro dei viali, quello creato da Giuseppe Poggi circa 150 anni fa con la demolizione delle mura. E il giro che di solito si compie in macchina, spesso col nervosismo della circolazione difficile. Lo confronto col ricordo di certe passeggiate con mio padre quando i viali mi sembravano grandissimi (non c'erano i parcheggi), alberati e con percorsi di ghiaia in cui strascinare i piedi nella noia domenicale. Ma non voglio cedere alla nostalgia né aggiungere altri dipinti della Firenze scomparsa ai 120 di Fabio Borbottoni. Ho ripreso in mano le foto in bianco e nero dei viali che avevo richiesto a Mario Ciampi nel 1987 in occasione della mostra "Le città immaginate" per la ⅩⅦ Triennale di Milano. Ho ritrovato tra le mie carte alcune note per Firenze scritte negli ultimi trent'anni: ho rimesso tutto insieme -fotografie e note - e te le invio, senza alcuna pretesa di saldare i miei debiti, né con te né con Firenze. La pianta geometrica di Federico Fantozzi ci presenta Firenze nel 1843, con la città ancora racchiusa dalla cerchia di mura del 1333. Come notava Edoardo Detti, "Il cerchio che racchiude la pianta sembra definire i termini di un'unità e di un equilibrio non superabili". La stessa pianta porta in sovraimpressione il piano di Poggi del 1865: il cerchio non basta più a contenere la città. Gli orti interni alle mura appaiono saturati, compaiono i nuovi quartieri di Barbano e della Mattonaia, lo 'stradone' ha preso il posto delle mura che appaiono ancora segnate e i quartieri fuori delle mura sono già tracciati. A sud dell'Arno, il viale Michelangelo inserisce il suo percorso sinuoso nella configurazione segmentata della città. In seguito, il centro viene sventrato e "a nuova vita restituito", e nuovi quartieri periferici si aggiungono, di bestialità ben maggiore di quella attribuita alle operazioni sul centro. I viali rimangono come un seno forte, segnando la separazione tra centro storico e prima periferia. L'architettura dell'Ottocento in gran parte incarnata nello stile 'toscano' del Poggi (che avrebbe voluto trasformarlo nello stile della nuova nazione) avrebbe potuto costituire un dignitoso modello per i successivi interventi. Ma la storia ha preso un altro corso... Quando dalla mia città di provincia (Pistoia) sono arrivato a Firenze per studiare architettura, mi attiravano Masaccio e Pontormo, Brunelleschi e Buontalenti, cioè la chiarezza della razionalità e l'oscurità della follia. Nei primi anni, ho esplorato la città in ogni angolo con curiosità e passione.