Il consumo di formaggi fusi, ovvero le fettine, gli spicchi e gli altri spal-mabile e i cosiddetti pizza cheese, è molto diffuso, anche se le quantità consumate in Italia (6,5-7% circa) sono lontane da quelle di Paesi come Stati Uniti, Germania, Paesi Bassi, Francia, dove la tradizione è più consolidata e dove operano le maggiori aziende produttrici. Tecnicamente questi formaggi sono ottenuti per fusione (a 8s0C circa) di uno o più formaggi con l'aggiunta di additivi emulsionanti (fosfati di sodio, polifosfati), sali di fusione (citrati), acqua e con eventuale addizione di altri derivati del latte, come il latte in polvere, esclusivamente all'estero, poiché in Italia è vietato, o il grasso del latte, aromi, conservanti e stabilizzanti. Rispetto a quella di altri formaggi, la storia dei formaggi fusi è abbastanza recente. Sono stati pensati in Germania verso la fine del 1800 per aumentare la conservabilità dei prodotti da esportare oltreoceano e sono diventati una realtà industriale notevole negli anni successivi. Il primo brevetto per i formaggi fusi fu dell'azienda svizzera Gerber nel 1910. Ma la vera evoluzione si ebbe vent'anni dopo, quando negli Stati Uniti, la Kraft americana brevettò le sottilette e negli anni '50 e '60 con il confezionamento, di questa tipologia di formaggi fusi, in film plastici. La legge, naturalmente, vieta di utilizzare formaggi in qualche modo deteriorati per la produzione di formaggi fusi. Per la fusione si utilizzano blocchi di formaggio da 20-25 chili prodotti per questo scopo o formaggi che, durante la fase di stagionatura hanno riscontrato qualche piccolo difetto di aspetto o forma, rispetto alla richiesta del mercato e per questo considerati invendibili. Tra i più utilizzati: Emmenthal, Cheddar, Gouda, Edam, Gruyere, Fontina, Provolone, Italico.
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