All'inizio di febbraio, i Capi di Stati e di Governo hanno deciso come sarà il bilancio pluriennale dell'Ue dal 2014 al 2020 e, per la prima volta da quando esiste la costruzione comunitaria, è stata deliberata una riduzione delle risorse a livellocomplessivo e, per quanto riguarda il nostro settore, anche per ragricoltura e per l'industria alimentare. E un chiaro segnale che gli operatori della filiera devono cogliere, in modo da prepararsi ai futuri cambiamenti e non lasciarsi trovare impreparati. La verità di fondo è semplice: l'esosa politica di supporto al settore primario prima o poi cesserà Per adesso è sancita una minore spesa e una maggiore attenzione alle prestazioni ambientali dell'agricoltura con il cosiddetto greening. Andando avanti, però, l'erosione proseguirà e le imprese del settore dovranno sempre più affrontare da sole il mercato, senza protezioni e solide tutele. Non vogliamo entrare nel merito se questo sia o meno giusto e se debba essere contrastato in modo più o meno incisivo. Queste sono valutazioni che spettano a chi ha il dovere di rappresentare e difendere il settore. Ci limitiamo a constare ed evidenziare una tendenza che sembra ormai piuttosto consolidata e che potremmo definire come il progressivo indebolimento della politica settoriale specifica in agricoltura e lo spostamento degli strumenti di intervento verso misure per le quali è previsto il ruolo da protagonista degli imprenditori e delle loro aggregazioni. Prendiamo, per esempio, il latte. Dal 2015scompariranno le quote di produzione, visto che ormai è quasi impossibile trovare dei difensori di tale regime tra le istituzioni comunitarie. Al loro posto, l'Ue propone le misure del pacchetto latte, come la contrattualizzazione, la programmazione produttiva dei formaggi Dop e Igp, l'aggregazione nelle Op e nell'interprofessione, il monitoraggio del mercato.
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