Alla fine del ⅩⅧ secolo, la Russia zarista decise di confinare la maggior parte degli ebrei a ovest di Mosca, in un'ampia fascia territoriale chiamata "zona di residenza" che andava dal Baltico al Mar Nero, fino ai confini con la Prussia e l'Impero Asburgico. La dura vita in Bielorussia, che ne era parte integrante, spinse diverse famiglie a emigrare: Noam Chomsky, Ayn Rand, Irving Berlin, Chaim Soutine, Mark Rothko, Kirk Douglas, Yitzhak Rabin, Ralph Lauren e Michael Bloomberg, fra gli altri. Una città in particolare, però, brillava per la sua scuola d'arte: Vitebsk. Nel 1918, il direttore Moishe Segai (Marc Chagall) chiamò a insegnare il capofila del Suprematismo, Kazimir Malevic, e il capofila del Costruttivismo, El Lissitzky. Malevic stava ampliando il suo gruppo Unovis ("I campioni della nuova arte") con il motto "Il Suprematismo sposta il centro di gravità verso l'architettura". Lo studente più brillante, Lazar Khidekel, fu pertanto subito promosso professore. Nato a Vitebsk nel 1904, Khidekel produsse in pochissimi anni una serie di sensazionali progetti di aereo-città integrate con la natura: totalmente sollevate in altezza sopra gli shtetl, inserite in verdi paesaggi o sul mare. Questi progetti dei primi anni Venti erano eclatanti per ambizione rivoluzionaria, ma anche profetici per la preoccupazione ecologista, tanto che lo scorso anno sono stati raccolti in un libro dal titolo emblematico They Will Understand Us in 700 Years. Lazar Khidekel. Se molti costruttìvisti riuscirono a scappare in Occidente, propagandando le loro idee critiche verso il "realismo eroico" staliniano, lo stesso non è avvenuto per i suprematisti, basti pensare alla rocambolesca vicenda del libro di Malevic, sepolto in una cantina berlinese per quasi 30 anni e pubblicato solo nel 1962. L'aero-città di Khidekel anticipa di oltre tre decenni la Ville spariate di Yona Friedman, che ne era un profondo ammiratore anche se postumo, perché l'opera dell'architetto ebreo bielorusso arrivò in Occidente solo dopo la sua morte (1986). Come ha scritto Bruno Zevi in Ebraismo e architettura (Giuntina, 1993) a proposito di Chagall, "L'uomo non può vivere né in terra né in cielo, ma con la fantasia dei chassidim può provvisoriamente occupare una zona intermedia, subito sopra le tristi catapecchie, subito sotto il cielo tempestoso. In questa zona immaginaria e neutra, si vince la gravità della terra e il peso del cielo: tutto è armonia perché ⅵ si realizza l'assurdo".
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