Superare i limiti della visione

摘要

L'astrazione geometrica nell'arte affonda le proprie radici nelle profondità del Novecento, ma non per questo deve essere considerata lingua morta. I pilastri su cui si regge la sperimentazione di questo linguaggio modernista sono quelli eretti dalla ricerca visiva e dalle riflessioni teoriche di figure seminali, come quella di Josef Albers (1888-1976). Tra i contemporanei che si contraddistinguono per l'utilizzo di un linguaggio astratto-geometrico e cromatico, con un forte richiamo a quelle esperienze novecentesche, c'è invece Liam Gillick (1964). Attraverso le loro opere, è possibile cogliere un dialogo a distanza, da cui scaturisce il fatto che in epoche diverse anche l'arte si trovi ad affrontare temi e problemi differenti. A partire dal 1949 e per i successivi 25 anni, la ricerca visiva di Albers fu in gran parte dedicata alla serie Homage to the Square, dove un numero variabile di quadrati (in schemi da tre oppure quattro) sono inscritti l'uno dentro l'altro. Si tratta di un centinaio di dipinti che, nonostante il reiterarsi del soggetto e dei due schemi, risultano tutti diversi. Ogni composizione è caratterizzata da una palette di colori differente e la loro combinazione dà luogo a un infinito numero di formulazioni visive possibili, "un gioco senza fine... Volevo milioni e milioni di quadrati", diceva Albers. Al di là dell'apparente ripetitività, però, ce una precisa razionalità progettuale operata dall'artista. Come scrive Jùrgen Wissmann (autore di diversi testi sull'opera di Albers), "la costruzione come progettualità e organizzazione garantisce la libertà del pittore, ma allo stesso tempo offre all'osservatore un'esperienza che non può semplicemente essere liquidata come non razionale".