"La tecnologia digitale è molto elementare. Offre infinite possibilità di riproduzione con risultati anche interessanti, ma alla facilità del processo sacrifica l'unicità dell'immagine e dell'esperienza". Per questo l'impalpabilità del pixel non lo ha mai davvero convinto e, quando l'avvento del desktop publishing ha iniziato a polverizzare la fisicità del mestiere, Alan Kitching, vate dell'arte tipografica contemporanea, è tornato alle radici: alla composizione manuale, al torchio, ai caratteri mobili in legno e piombo. In breve, agli strumenti della stampa analogica che, anni prima, la gavetta come apprendista compositore e, nel 1964, l'esperienza del laboratorio tipografico sperimentale fondato con Anthony Froshaug alla School of Art del Watford College of Technology gli avevano insegnato. "Non ho mai voluto replicare il passato o resuscitare un mestiere estinto, ho cercato piuttosto di reinventarlo, utilizzando in modo nuovo vecchi strumenti per riconciliare l'ideazione creativa con il piacere fisico del gesto produttivo". Erano gli anni Ottanta quando Kitching, socio di Derek Bird-sail allo studio Omnif ic a Covent Garden, iniziò a coltivare, in modo pionieristico, l'arte della rilievografia per poi fondare nel 1989, a Clerkenwell, il Typography Workshop. "Devo molto al lavoro di Hendrik Nicolaas Werkman: la felicità poetica delle sue composizioni, così potenti nell'accostamento di caratteri e colore, ha ispirato la ricerca di una mia via alla stampa tipografica, la voglia di lavorare con l'inchiostro e la lingua nel tentativo di ridefinire il senso, di dare nuovo peso alle parole attraverso la forza comunicativa dell'immagine".
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