nello sfogliare le pagine di questo numero mi è sorto un pensiero sul possibile collegamento esistente tra il valore del soldato, di cui è ricca la nostra storia e attualità, e la sua libertà di coscienza. È indubbio che il nostro Esercito, come ogni altro al mondo, sia composto in grande maggioranza da valorosi perché il valore, credo, è connaturato all'essere umano e dunque al Protoguerriero che è insito in lui. Mi sono chiesto il perché di questa ipotetica relazione tra il valore e la propria coscienza e ho trovato una ragione, tra le tante, nel bene supremo che appartiene all'individuo, forse ancor più della stessa vita: la sua libertà. Il soldato è dunque tanto più valoroso quanto più è libero, non tanto nel proprio agire (è ovviamente sottoposto agli ordini che riceve e che ne indirizzano l'operato) quanto nella propria identità. Il valore pertanto è anche una scelta dettata dall'anelito di libertà insito in ciascuno di noi, un moto dell'anima verso la realizzazione di sé che non può prescindere comunque da una scelta coerente con il proprio essere. Per tale ragione, in fondo, il valore è puro e incorruttibile e per questo meritevole della più alta considerazione individuale e collettiva.
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