Mario Sironi

摘要

È questa la Triennale che cambia per sempre il volto di Milano. Il Palazzo dell'Arte, progettato da Giovanni Muzio e costruito in tempi brevi (1931-1933), si insedia in un punto di cerniera tra il grande parco e i futuri assi residenziali. Oggi appare difficile intenderne il significato, ma in realtà si tratta di un primo importante manifestarsi di quel segreto ribollire che l'architettura moderna andava facendo da alcuni anni. Dice Pica: "Il palazzo di Muzio (…) rappresenta il prodotto tipico dell'architettura italiana di quegli anni. Un certo ibridismo formale non è negabile nell'opera di Muzio, nella quale confluiscono raffinate (…) formule dell'ultimo neoclassico lombardo insieme a sollecitazioni della Scuola di Amsterdam e - persino - a elementi apertamente razionalisti e industriali. (…) I neoclassici rimproverarono a Muzio la scarsa ortodossia. (…) I razionalisti (…) non gli perdonarono di non essere un razionalista". E, prosegue, parlando degli uomini coinvolti nell'avventura della V Triennale: "Gio Ponti, al quale va riconosciuto il merito di essere stato l'animatore onnipresente di quella manifestazione gloriosa, non era ancora sul punto di smentire del tutto la sua esperienza neoclassica, tuttavia (…) alla V Triennale con Ponti non entrò il neoclassicismo lombardo, ma piuttosto il razionalismo italiano (…). Con Mario Sironi invece entrò il Novecento, vi entrò aggressivamente, scandalisticamente, violentemente (…). Con Sironi entrava De Chirico (…) entrava Carrà (…) entrava il grande maestro che è stato Arturo Martini"2 e, aggiungiamo, Achille Funi, Massimo Campigli, Gino Severini. Sironi, per la prima volta da tempo immemorabile, chiede agli artisti di lavorare "sul muro", ovvero di ristabilire una relazione tra arte e architettura. Dice Giuseppe Pagano: "Questo assalto al muro organizzato dalla pittura moderna, voluto e realizzato da Sironi, va segnalato con la massima attenzione. Esso è uno dei punti culminanti della Triennale"3. Sironi crede davvero che la pittura murale possa farsi, come nel Medioevo, rappresentazione popolare, superando la concezione borghese della pittura da cavalletto e del conseguente collezionismo.