Resterà una domanda al termine della lettura del volume L’ultima meta. L’isola (Ostrvo) di Me?a Selimovi?, uscito nella collana “Slavica” delle Edizioni dell’Orso in questo 2020 in cui molti, troppi interrogativi sono senza risposta: perché la sua autrice, Rosanna Morabito ha dedicato tempo e ricerche a un testo narrativo tra i meno rappresentativi di Me?a Selimovi?? Quando si parla di questo scrittore, che operò nella Jugoslavia di Tito, si pensa al romanzo Dervi? i smrt (Il derviscio e la morte), che dal 1966, anno della sua pubblicazione a Sarajevo, è stato un libro cult per generazioni di jugoslavi, e in seguito di bosniaci, croati, montenegrini e serbi. Un libro in cui le domande del protagonista sono destinate a rimanere senza risposta, con il lettore che resta sospeso tra mille dubbi, anche se poi trova una parziale via di scampo in un altro romanzo di Selimovi?, cioè Tvr?ava (La fortezza), uscito quattro anni dopo e che per significato, ma non per trama, si pone nel solco del Derviscio e ne completa la storia. Si potrebbe ipotizzare che all’origine dell’interesse della studiosa vi sia la traduzione italiana, uscita cinque anni fa, del romanzo Ostrvo pubblicato nel 1974 dall’editore belgradese Prosveta. Questa traduzione segue a distanza di tempo quelle del Derviscio (1983) e della Fortezza (2002). Ma forse non è così, perché Rosanna Morabito nella sua monografia non si rifà alla versione in italiano di Dunja Badnjevi? e Manuela Orazi per i tipi di Bordeaux di Roma, ma preferisce tradurre dall’originale.
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